Scala di Bristol, strumento semplice e eccezionale
Una storia della medicina e della relazione medico/paziente

Feci a palline, caprine, morbide, acquose nei disturbi funzionali

Scala di Bristol? E’ quella che vedete in figura e sappiamo che aiuta a comprendere forma, consistenza e significato delle feci

scala di Bristol

Ma la Scala di Bristol è molto più di un disegno di 7 tipi di feci …e  per comprendere la vera storia dietro questa “immagine-strumento” serve fare un importante passo indietro

Feci a palline o anche dette caprine, feci normali o invece morbide e acquose per la gente comune sono “tipi di cacca” tra i quali tutti oscilliamo nella vita nel modo di andare al bagno (tecnicamente si dice “variazioni dell’alvo”) e questo è normale e non rappresenta di certo un problema

E sin qui non si comprende tutto questo interesse per la Scala di Bristol dunque che, comprenderemo durante la lettura, è a tutti gli effetti uno dei più potenti , anche se tuttora oggigiorno sottovalutati, strumenti diagnostici  in ambito intestinale (uno dei migliori stool form scoring system, cioè sistema di attribuzione punteggi alla forma delle feci)

Va tenuto conto che anche solo in Italia – tanto per rendere l’idea della diffusione (tecnicamente detta “prevalenza”) – alcuni milioni di persone passano poco attraverso la tipologia di feci “normale” mentre (insieme ad altri disturbi addominali spesso compresenti)  tendono a polarizzarsi in modo pressoché costante o sulla tendenza stitica o diarroica o a oscillare tra le due categorie. E allora sì che diventa un problema perché l’impatto sulla qualità di vita (talvolta con sintomi imbarazzanti) e infine sulle spese mediche (quindi sia sul cittadino che sul sistema sanitario nazionale) è pesante

La maggior parte di questi milioni di persone  non hanno una causa organica per il loro malessere cronico (quindi ad es. se sottoposte a esami diagnostici dei loro organi  non verrà rilevato alcun problema) ma non di meno la loro è a tutti gli effetti una malattia che interessa l’intestino (quindi attenzione: non un problema relegabile alla sola sfera psicologica o psicosomatica ) e per l’esattezza un disturbo intestinale cronico  che viene definito “funzionale” perché non legato a problemi organici.

Molti di questi casi, cioè dei disturbi intestinali cronici funzionali, sono rappresentati  da  persone  affette da Sindrome dell’Intestino Irritabile (se presentano una compresenza di dolore, gonfiore, stitichezza e/o diarrea) o da  altri disturbi intestinali funzionali (esempio: diarrea funzionale, stitichezza funzionale, gonfiore e diarrea cronica funzionale in assenza di dolore, etc…)

Disturbi intestinali funzionali: inizialmente se ne capiva poco

La biomedicina, si sa, parte dall’osservazione sperimentale e si concentra molto sui sintomi “visibili” e spesso meno sul resoconto che i pazienti fanno dei loro stessi sintomi o problemi quotidiani. Questo ha fatto sì che la medicina storicamente si concentrasse (o volendo …prima scoprisse e classificasse) anzitutto le problematiche intestinali legate a problemi organici. Non è un caso che fino a pochi decenni fa i disturbi intestinali cronici funzionali venissero prevalentemente interpretati come “disturbi acuti” (cioè si aveva difficoltà a comprendere che il paziente riferiva una problematica per lui cronica) e spesso di matrice solo psicologica o psicosomatica

come avrete modo di scoprire in questo sito, psicologia e psicosomatica possono avere un grosso impatto ma non sono affatto in grado di spiegare nella loro interezza i disturbi intestinali cronici funzionali: questa però è una consapevolezza che la medicina ha  raggiunto negli ultimi 20 anni. D’altronde basta pensare che sino agli anni ’70 in Italia  la  gastroenterologia (la branca che oggigiorno si occupa tanto dei disturbi intestinali funzionali come di quelli organici) non era riconosciuta come disciplina autonoma, per comprendere la difficoltà storica al riguardo. Ma la medicina oggi ha compiuto dei passi avanti fondamentali al riguardo: quella che serve è più consapevolezza

Il paziente va ascoltato …con attenzione

La branca dei disturbi funzionali è per antonomasia la branca del rapporto medico/paziente

La ragione è banale e intuibile: se il medico può intervenire su una parte non irrilevante dei problemi organici anche solo analizzando il corpo di un paziente che non si racconta ma che magari indica solamente l’area fisica del disturbo, nei disturbi funzionali non essendo rilevabile alcunché tramite esami diagnostici quello che conta è proprio l’anamnesi (storia clinica) che il paziente cerca di rendere di sé stesso al medico e che il medico stimola il paziente a raccontare

Scala di Bristol: il paziente va ascoltato …ma attenzione

Il problema è che negli anni le migliori ricerche nel settore gastroenterologico hanno evidenziato che la persona che racconta i propri disturbi intestinali ha una certa difficoltà a rendere resoconti corretti ed esatti o facilmente comprensibili nella loro valenza medica.  Come tale l’ascolto è fondamentale ma va interpretato e guidato

In particolare ci sono almeno quattro fattori da tenere in considerazione:

  1. la memoria (anche quella del paziente) non riesce a ricordare sempre correttamente ad es. il numero di episodi diarroici o stitici etc… in un determinato lasso di tempo. Ad es. Manning ha dimostrato una notevole discrepanza tra realtà e ricordo nel 16% dei casi il che lascia dedurre delle scorrettezze magari minori ma presenti per varie altre decine percentuali
  2. il paziente tende a dare proprie definizioni dei tipi di feci: ad es. un paziente può definire diarroico un tipo di fece più solido della definizione che ne dà un altro. Quindi un tipo equivalente di feci può essere descritto da una persona come diarrea o stitichezza mentre da un altro può essere definito magari un tipo di feci normale. Questo contrariamente a quel che si può facilmente pensare spesso non è legato all’ ingenuità del paziente ma al fatto che uguali tipi di feci possono generare diversi tipi di disturbi in persone diverse. Si può ad esempio avere difficoltà a trattenere delle feci discretamente solide (e quindi avere una  percezione  di urgenza da molti assimilabile alla diarrea) così come si può avere difficoltà ad espellere delle feci  non del tutto  formate
  3. la modalità del racconto  presa singolarmente risulta inaffidabile per ragioni culturali e educative, lo conferma ad esempio uno studio di Mertz. L’idea di cosa sono delle “feci normali” varia da persona a persona e ancor più tra i diversi  gruppi geografici: è stato dimostrato ad esempio che il numero delle evacuazioni giornaliere reputate normali varia  nelle diverse aree geografiche  così come  varia notevolmente il peso delle feci “normali” a seconda della dieta alimentare legata a una determinata cultura, ad esempio in India si assumono molte più fibre di norma e questo rende le feci 2-3 volte più voluminose di quelle occidentali. Ogni paziente riferisce di avere un sintomo quando si allontana da quella che lui/lei (o la sua cultura…) valuta essere la soglia “normale” ma il medico non può indovinare quello che è “normalità” per un paziente
  4. gli esseri umani hanno in media una memoria fotografica molto più potente di altri tipi di memorie ma verbalizzare in modo chiaro, tanto più nello stress di un incontro con un medico, un ricordo fotografico è difficilissimo

Diario alimentare: il vero “approdo” della Scala di Bristol

Come intuibile la Scala di Bristol è stato proprio il frutto della consapevolezza medica “sul campo” negli anni  dei tanti misunderstanding affrontati nella relazione medico/paziente

E’ quindi un’immagine apparentemente  banale ma in realtà frutto delle competenze acquisite dalla medicina nello stabilire relazione di qualità con il paziente : si superano molte difficoltà di comunicazione  semplicemente chiedendo alla persona  di indicare i tipi di feci in base ai suoi “ricordi fotografici”

Ma la  Scala di Bristol presa singolarmente non permette ancora di completare l’ anamnesi e di analizzare e comprendere a fondo i  disturbi intestinali cronici che hanno due caratteristiche  e cioè di essere di solito scatenati  o esacerbati dai pasti   e, proprio perché cronici, di essere duraturi nel tempo. La sola scala di Bristol  non risolve infatti il problema 1 su detto, cioè quello della memoria specie di medio lungo periodo  e il problema 3, quello della tipologia di evacuazioni nel tempo e non considera la relazione tra pasti, dolore, gonfiore addominale e modalità di evacuazione.

E’ questa la ragione per cui in questi disturbi la compilazione del paziente della Scala di Bristol  andrebbe  collocato nella più ampia compilazione giornaliera di un  Diario Alimentare  che metta in relazione sintomi e cibi/bevande consumate nel tempo e che è quindi a tutti gli effetti un Diario Sintomatologico-Alimentare e  in cui sia presente proprio la Scala di Bristol tra le domande a cui dare risposte quotidiane.

Il medico quindi oltre che il resoconto orale del paziente avrà in mano il suo Diario  compilato che può riguardare pochi giorni ma può giungere in alcuni casi anche a 15 giorni e con talvolta decine di Scale di Bristol compilate (pensate ai casi di evacuazione frequente, oltre le 3 volte al giorno)

Diario … dieta. Ovvero: l’applicazione di un “Diario Alimentare”

E’ anche per questo che Ciboedisturbiaddominali  utilizza la Scala di Bristol e ovviamente il Diario Alimentare   (Diario Sintomatologico-Alimentare) nel generare lo Schema Dietetico Low-FODMAP in grado di agire su un’amplissima gamma di Disturbi Intestinali Cronici Funzionali (incluso il “colon irritabile”)

Un altro aspetto da volere considerare è quello di graduare la dieta in funzione della gravità dei sintomi riportati nel diario e della loro relazione temporale con i pasti

Sulla base dei sintomi riportati nel diario e della loro relazione con gli alimenti assuntii e in funzione della loro gravità sarà possibile personalizzare la dieta con una scelta mirata dei cibi ed indicare per la singola persona  la quantità di cibi con assenza,  o limitato contenuto, di FODMAP in maniera da potere preparare tre diverse tipi di dieta: con nullo (tracce),  ridotto (20%) e moderato (40%)  contenuto di FODMAP.

Bibliografia per approfondire

AP Manning, JB Wyman, KW Heaton, How trustworthy are bowel histories? Comparison of recalled and recorded information, Br Med J 1976;2:213-4

HR Mertz, CK Beck, W Dixon et al. , Validation of a new measure of diarrhea, Dig Dis Sci 1995; 40:1873-82

SJ Lewis, KW Heaton , Stool form scale as a useful guide to intestinal transit time, Scand J Gastroenterol 1997; 32:920-4